Il blog di Armando Boccone

Il mio rapporto con gli zingari è iniziato quando avevo 3-4 anni.
Ricordo che siamo circa alla metà degli anni cinquanta. Nella mia strada una vecchia signora ospitava periodicamente degli zingari. Probabilmente venivano dalla vicina Puglia e commerciavano cavalli. Le bestie erano ricoverate in un’altra casa nella strada sotto il muretto.
I miei ricordi consistono in due scene.

Foto 1 Una signora zingara col suo costume variopinto


La prima è quella di una zingara, una signora matura, robusta e di media altezza, che indossava un costume largo e variopinto. La ricordo in mezzo alla mia strada vicino alla casa dove era ospitata.


Foto 2 e in anteprima Vecchia foto di ragazzine zingare con un cavallo

La seconda scena che ricordo la vedevo quando mi affacciavo dal muretto: nella strada sottostante vedevo un giovane zingaro, alto e slanciato, dal colorito bruno, che, a piedi, conduceva i cavalli al trotto tenendoli per le redini, mostrandoli così ai potenziali clienti che assistevano alla scena.


Foto 3 Vecchia foto di due giovani zingari con un cavallo

E’ da molti anni che si parla di zingari, del loro comportamento nelle città e dei problemi posti dagli accampamenti in cui vivono.
Ma perché si è arrivati a queste condizioni?

Il popolo zingaro non è omogeneo ma è molto variegato al suo interno (per cultura, per religione, per nazione in cui vive da molto tempo, ecc.). Come pure molto diverse erano le attività che svolgevano.
Fino a qualche decennio fa (da quel poco che ho letto) gli zingari che vivevano nella parte sud-orientale dell’Italia (Puglie, Abbruzzo, ecc.) svolgevano diversi lavori, come allevare e vendere cavalli, stagnare le pentole, lavorare il rame e altri lavori artigianali.
In seguito la società si è evoluta, è cresciuta in modo tale che ha emarginato le loro attività e di conseguenza le loro comunità. Ci possiamo rendere conto della situazione attuale delle comunità zingare (e del comportamento degli italiani nei loro confronti) ascoltando e vedendo i mass media e, direttamente, girando per le città e le loro periferie!
Sembra che l’unica cosa positiva è che non si usi più il termine “zingaro” ma “rom” o “sinti” perché il primo termine è ritenuto dispregiativo (comunque forse l’espressione più corretta dovrebbe essere “popolazione o gente romanì”).

A questo punto viene spontanea la domanda: cosa centra questo argomento con la decrescita?
È stata la crescita, così come storicamente è avvenuta, che ha portato alla emarginazione, alla esclusione di intere popolazioni (si pensi allo sterminio delle popolazioni native americane) o alla emarginazioni di parti della popolazione esistente su un territorio. La crescita avviene per “derive”: le parti più forti si rafforzano sempre più ed escludono le parti più deboli.
La crescita è “escludente”, “emarginante”.

La decrescita probabilmente (in quanto l’opposto della crescita) può darsi che crei delle dinamiche diverse, opposte a quelle tipiche della crescita, e cioè che sia “includente”, “non emarginante”, che, in un quadro sicuramente molto complesso e contradditorio, possa creare nuove opportunità per le popolazioni zingare.

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